la stagione scorsa intitolato: “Servo di scena” nel quale la forma artistica teatrale, prediletta dal regista-attore, veniva celebrata e decantata nelle sue grandi potenzialità espressive polivalenti.
Prendendo le vesti di un’autore-attore che è certamente la rappresentazione diegetica di se stesso, di fronte all’esigenza della messa in scena di uno spettacolo improbabile e intellettualistico, insieme ad una compagnia improvvisata e dilettantesca composta dalla sua stessa famiglia, in un paesino sperso sulle alpi austriache evocante tristi presagi sin dal suo nome: Utzbach. La scena si svolge in una locanda dove giungono odori acri di un’attigua porcilaia, tra trofei di caccia e immagini di Hitler, mentre l’attore protagonista progetta di mettere in scena l’opera omnia che dovrebbe consacrarlo, intitolata: “Le ruote della storia” dove le “maschere” che diverranno protagoniste sono quelle di personaggi immensi come: Giulio Cesare, Napoleone, Voltaire, Metternich, Hitler, Churchill, permettono all’imperversante protagonista considerazione filosofiche tratte da illustri pensatori quali Spinoza, Schopenauer, Hegel, Kant, Kierkegaard e Nietzche ecc. concernenti temi e argomenti pretenziosi come l’esistenza, la fama, la fortuna, mentre rampogna e impetra disposizioni maniacali alla moglie (affetta da un’inguaribile tosse) e ai figli, a causa della loro incapacità artistica e della mancanza di sensibilità interpretativa. Lo stile e la tematica che caratterizza ormai da lungo tempo il talentuoso Branciaroli, capace come un rabdomante usando l’arma dell’umorismo più salace e sarcastico, di rappresentare i limiti di un teatro desacralizzato, non più racchiuso nella mitica età classica, ma immerso nella bernardiana inidoneità ad elevarsi alla funzione catartica dell’arte (torna alla mente il protagonista dello stupendo romanzo: “Il soccombente”) in cui emerge e si insinua una comicità complice di una situazione che si muove fra grottesco e sapienza icastica.
di Andrea Novarino